Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce
Domenica scorsa, di ritorno sul sentiero 1028 che da Praderadego porta a Valmareno, ho visto un grande castagno abbattuto. Ci sono passato decine di volte davanti a quel gigante, lo conoscevo bene, lo ammiravo. Mai e poi mai avrei immaginato di vederlo ridotto così, immeritatamente disteso a terra. Ho pensato che dopo un secolo e mezzo, quel castagno ne ha viste di tutti i colori. Quando era nato, la terra ai suoi piedi passava di mano al Regno d’Italia. Meucci depositava il brevetto del primo telefono e poco dopo cominciavano a muoversi le prime automobili al posto delle carrozze trainate da cavalli. Già grandicello, gli stati europei facevano a gara per mostrare la propria superiorità economica e commerciale, poi sappiamo come è andata. Magari qualche proiettile lo ha beccato anche lui, ma è rimasto sempre in piedi. Sotto i suoi rami sono passate generazioni a caccia di castagne, poi gli escursionisti, tanti. Ha visto il bello e il cattivo tempo, ha vissuto il caldo e il gelo, forse lo ha sfiorato anche un fulmine. Poi il maltempo, quello che negli ultimi anni fa notizia, lo ha buttato giù come un fuscello. Vedendolo, domenica, ho pensato a quel tale in oriente che diceva “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”. Siamo pieni zeppi di notizie cattive, ma il mondo tutto sommato non è così brutto come viene dipinto. Guardiamolo con sentimento quel castagno caduto e magari per un attimo spegniamo televisioni, computer e smartphone. Così, forse, sentiremo il rumore di una foresta che sta crescendo.