Il richiamo dell'alta montagna
Il Giglio Martagone, dalle nostre parti, cresce in questi giorni a millequattro, “alta montagna” quindi. Sento il richiamo “dell’alta montagna”, saltuariamente, oggi molto di più del solito. Perché in “alta montagna” c’è aria pura che a me piace tanto. E c’è gente sana, quella che ti saluta, come oggi, ricordando quello che ho fatto per loro in tutti questi anni. Sono riconoscenti, in “alta montagna”. Se ti spacchi le ginocchia a mappar sentieri, te ne sono grati e non ti dicono che si sono persi perché mancano i cartelli. Sono di parola, si ricordano di te, quei vecchietti. Se li chiami al telefono, rispondono perché si è in “alta montagna”. E non spostano mica i sentieri, perché in “alta montagna” si condivide, ma sul serio. Il sentiero per raggiungere il Giglio Martagone è uno soltanto, ed è di tutti. Lassù non serve parlar di pesticidi, perché siamo in “alta montagna”. Nessuno poi dice “sei sotto i riflettori” in “alta montagna”. Anche perché l’omone barbuto (che poi lui si ha voluto i riflettori, SIC!) non ce la farebbe certo ad arrivare lassù, in “alta montagna”, scoppierebbe ben prima. E non c’è la puzza sotto il naso in “alta montagna”, e nemmeno il sugo che si brucia sul fornello, perché in “alta montagna” spengono il gas e corrono ad ascoltarti. E non ti sottraggono né scritti né idee, perché in “alta montagna” sanno che sono tue e c’è il rispetto per le memorie che hai raccolto. Anche perché lassù in “alta montagna” si fa fatica a “ciapar la television”. In “alta montagna” non c’è invidia e non si polemizza, se non altro perché “manca al fià”. C’è solo lealtà, quella vera, in “alta montagna”.