La stecca prealpina - Giorno n.53
Oggi è l’ultimo giorno di quarantena, domani inizia quella che chiamano Fase 2. Si torna in qualche modo alla realtà e dovrebbe essere come il primo giorno di scuola, invece sento il sapore dell’ultima campanella che saluta i compagni di classe con gli occhi arrossati perché si rivedranno chissà quando. Dovrei esser felice ed invece ho un senso di strana nostalgia. Scorrono davanti a me le immagini della silenziosa sfilata di camion color verde militare allineati verso cimiteri lontani, insieme alla foto dell’infermiera riversa dalla stanchezza che ha fatto il giro del mondo. La tensione delle attese serali perché parla Conte, la linea di quel maledetto grafico che non smette di salire, i tanti che se ne sono andati senza la dignità di un funerale, i nonni dimenticati, l’immagine di papa Francesco in una piazza San Pietro mai vista. Mi tornano in mente le lunghe videoconferenze con i colleghi di lavoro, le chat con parenti ed amici. Le ricette inventate da me, improvvisato chef che cerca di ingannare il tempo. Le vesciche alle mani perché sono stato anch’io contadino in questi giorni. Le infinite camminate intorno al giardino di casa pur di far salire i chilometri. Le notti insonni ad ascoltare il silenzio della città. Inusuale, angosciante. Ora ci aspetta il mondo lì fuori, una danza di mascherine di carta che vorrebbero nascondere i sorrisi nella distanza sociale. Addio dannata quarantena, mi sei servita a farmi capire l’importanza del poco.
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