La tradizionale scodella di minestra a Maren
Alle pendici del Monte Pizzoc sorge Maren, un minuscolo borghetto che anticamente era raggiungibile da fondovalle tramite un sentiero che partiva dalla Sega di Vittorio Veneto, oggi sostituito da una comoda strada asfaltata. È posto in un magnifico pianoro di origine glaciale e funge un po' da capoluogo di altre piccole borgate circostanti, ormai disabitate e meta soltanto di turismo: Pradal, Valscura e Valcalda. Alla destra della chiesetta centrale dedicata a Santa Elisabetta, sorge una abitazione privata con cinque bellissime arcate che si affacciano sul cortile. È ciò che resta di un antico convento risalente al XIII secolo che fu gestito come unità secondaria dal sottostante convento di Santa Giustina di Serravalle. Quest’ultimo fu voluto da Gabriele Da Camino che nel 1266 fece costruire l’attuale chiesa, aggiungendovi un monastero, che doveva essere affidato ai camaldolesi di Follina ma fu rifiutato per il troppo lusso. Venne quindi assegnato ai Benedettini di Padova ed in seguito alle monache di Soprana Da Camino. Tra i beni di questo monastero, vi era appunto anche il piccolo convento di Maren che abbiamo citato. Questo durò fino all’arrivo di Napoleone, i cui editti costrinsero le monache a ritirarsi a Santa Giustina. L’immobile passò quindi in mano privata, precisamente al conte Licer e da lui a sua volta venduto a coloni fino all’attuale proprietario. La sera della festa di Sant’Antonio Abate, vi era l’usanza di donare una scodella di minestra e del pane a quanti andavano in visita a Maren. Era una consuetudine attuata dalle monache nei confronti dei poveri, e anche i privati mantennero viva questa simpatica tradizione che oggi è andata perduta.