È mancato il conte Alberto Da Sacco
Non è cosa da tutti i giorni poter conoscere un conte. Andando a caccia di cultura tra i sentieri, mi è capitata anche questa opportunità. Il conte Alberto Da Sacco, austero ma al tempo stesso generoso di trasmettere nozioni, il 19 aprile 2018 mi spalancò le porte di quella che, di certo, era una parte di sé stesso, l’Abbazia di Vidor. Non fu facile l’approccio, tanta era la sua riservatezza, ma bastarono due battute per intenderci, su quel piazzaletto inghiaiato a due passi dal Fiume Sacro alla Patria. Mi accompagnò nel chiostro, soffermandosi sulla colonna annodata, mi fece notare piccoli particolari che, ai più, sfuggono, come le croci patenti. Aprì lo scrigno dove sono contenute le ossa di Santa Bona, illustrò il dipinto di San Cristoforo, patrono dei traghettatori, perché lì vicino c’era un passo barca e mi condusse nel retro del palazzo dove ancor’oggi si vedono i segni dell’artiglieria. E le vicende dei Da Vidor con le loro crociate. Era orgoglioso di quel gioiello che ordinerà lo start ai pellegrini nel Cammino dell’Unesco. Il conte Alberto Da Sacco ci ha lasciati, lo abbiamo saputo ad esequie avvenute, per sua espressa volontà. L’ultimo grande gesto di stile di un uomo d’altri tempi.