La stecca prealpina - Giorno n.48
A Col San Martino si va a cavar il nome nel tempietto dalla caratteristica forma ottagonale. È una tradizione che va avanti da secoli quella dell’urna di San Martino di Tours. Una figura religiosa che fu prima un soldato, poi un vescovo vissuto nel IV secolo in Ungheria, noto in tutta Europa per la sua generosità, tanto che nell’iconografia lo si vede quasi sempre donare un mantello ad un povero. A Col San Martino invece è venerato per il miracolo che ridona la vita ad un neonato dichiarato morto. Da qui la tradizione, che da secoli richiama le coppie ad estrarre il nome del figlio tanto desiderato, chiedendo la grazia al Santo. I nomi sono scritti su dei bigliettini che i vari parroci hanno raccolto nel tempo e custodito in un’urna di legno, a disposizione dei fedeli. In passato furono generati nomi molto particolari ed inusuali, tanto che si dovette ricorrere ad una selezione per aggiornarli, ma alcuni uscirono e furono utilizzati. Si ricorda ad esempio che agli inizi del Novecento un tale Placido si recò in bicicletta alla chiesetta per estrarre dall’urna i nomi di Policarpo e Petronilla. Altri genitori, altra simile storia per Tito e Fulgenzia e per tanti altri fanciulli il cui strano, stranissimo nome veniva estratto in quella collina della pedemontana trevigiana dove oggi si parla più spesso di Prosecco. Il tempietto ottagonale è relativamente recente. Fu inaugurato nel 1927 al posto di una precedente chiesa distrutta dai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale che doveva rappresentare la cappella di un antico fortilizio nei documenti citato come Castelletto.
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