La vergogna di parlare in dialetto
A Belluno, alla fine di molti termini dialettali si usa la “c” dolce, quella di “cervo” tanto per capirci. Ne è un esempio “lench”, dialettale di legno. Altrove si dice “legn”. Ci sono anche toponimi geografici, come il piccolo borgo di Carmench che ha una pronuncia quasi impossibile. Anche in questo caso c’è chi usa la “gn” finale, Carmegn, anziché la “c” dolce. Che poi è quella dei paesi dell’est, “č”. Origini molto antiche, forse celtiche, fatto sta che il dialetto bellunese è davvero curioso, tante sono le sfaccettature. Ho scoperto queste ed altre cose venerdì scorso a Mel, nella bella chiesetta di San Pietro, durante la presentazione del dizionario dei dialetti bellunesi “Il Nostro Dialetto”, il cui curatore principale è stato il maestro Ernesto Isotton che già avevo incontrato tempo fa a parlar di storia e di vecchie tradizioni in quel di Cordellon. Galantuomo di altri tempi, mi raccontava, fiero, che suo nonno gli aveva suggerito termini oggi in disuso, che risalivano a metà Ottocento, come ad esempio “nevidi”, avverbio che sottolinea “per forza, mal volentieri” oppure “star de bant”, riferito a “oziare”. Con pazienza ha fatto una raccolta impressionante di vocaboli inserendoli in un volume di 271 pagine, edito con tanti collaboratori dell’Università degli Anziani. Al convegno è intervenuto un altro importante personaggio, Luigi Guglielmi, esperto linguista. Bellissime le sue parole: «Oggi ci vergogniamo di parlare in dialetto, considerandolo segno di inferiorità sociale. Non solo, con l’industrializzazione l’artigianato è scomparso e con esso molti termini dialettali che descrivevano gli attrezzi da lavoro. Non dobbiamo aver paura di parlare in dialetto, in certe regioni lo fanno senza problemi, ma più ci spostiamo verso la montagna, più si pensa che sia demodé. Aver creato un dizionario significa aver fissato un ponte con il nostro passato». E poi ha sottolineato come nell’era digitale oggi tutti scriviamo tantissimo sui social, su whatsapp. Magari scriviamo con errori, ma almeno scriviamo: «perché, allora, non scrivere un messaggio su whatsapp usando il dialetto. Non dobbiamo vergognarci, fa parte della nostra identità».