Ritratti in Malga, il nuovo film di Michele Trentini
Venerdì 7 luglio scorso, in occasione degli eventi estivi promossi dall’associazione “amareSTRamare”, si è svolta la prima assoluta del nuovo documentario di Michele Trentini dal titolo “Ritratti di Malga”, un film che parla della vita dei malghesi sulle alture di Segusino, in particolare Malga Golo, Molvine e Molvine-Binot. Dopo il saluto di Mariano Lio, l’instancabile rappresentante del gruppo organizzatore e di Danilo Gasparini, docente di storia dell’agricoltura e alimentazione presso l’università di Padova, è seguita la proiezione della pellicola, in una serata graziata dal brutto tempo che in quei momenti stava flagellando l’area solighese. Il film ha incantato il pubblico, accorso numerosissimo per vedere storia e tradizione rurale raccontata dallo stile inconfondibile del regista di Rovereto. Uno stile unico, fatto di immagini che scorrono senza alcun effetto speciale per parlare di malghe, di vacche, di burro e soprattutto dei suoi protagonisti. Nessuna transizione, nessun filtro, nemmeno la musica. Vien da dire povero. Tutt’altro, è proprio questa la forza di Trentini, quella che ha decretato il successo di numerosi film da lui prodotti, come “Alta Scuola”, “Cheyenne, trent’anni” e tanti altri. Il regista ha la capacità di dare voce alle immagini e soprattutto ai suoni, calibrati e colti nel momento giusto. Come il colpo del mestolo sulle pareti della caliera, o il crepitio del fuoco acceso come si faceva una volta, con le fascine. Questi suoni sono musica classica, sostiene Trentini, armonie naturali che enfatizzano le immagini. Il regista insegue i malgari-attori durante i loro rituali quotidiani con uno stile di neorealismo già visto nei lavori di Taffarel, a cui tra l’altro Trentini si ispira nel film Piccola Terra girato a Valstagna. Dettagli di una incredibile concretezza, afferrati in giorni di permanenza del regista insieme ai protagonisti nell’estate 2016. Antropologia visuale è il termine tecnico con cui Trentini si approccia alla pellicola. Puro realismo fatto di contrasti, di immagini a volte dure, di dialoghi schietti strappati ai protagonisti, non certo facili da immortalare davanti alla videocamera. Ma Trentini ci è riuscito, la pazienza è il suo pezzo forte. E così ecco uscire una vera confessione di come sia difficile la vita lassù in montagna. A volte si vorrebbe tornare a fondovalle ad inseguire il progresso, ma non ci si riesce tanta è la potenza della natura che tiene attaccati in alta montagna. Ci si annoia in casa, dice uno di loro. Dialoghi in dialetto strettissimo, con sottotitoli in italiano e presto in inglese visto che il film esordirà alla rassegna internazionale Cheese di Bra. Dettagli da pelle d’oca quelli di Ruggero di Malga Golo che siede sul fieno della stalla accarezzando il muso della sua mucca preferita sdraiata a fianco, quasi fosse un gattino un po’ cresciutello. Il verso stridulo della poiana che gira in cielo, il ronzio delle mosche in sottofondo: volatili entrambi, messaggi diversi. Il film termina con l’antica arte del “scargar montagna”, quando l’8 settembre si scende giù in paese a Segusino facendo sfilare le mucche decorate dal fiocco rosso. Tre belle ragazze osservano la fila, sorridono, un dettaglio colto alla perfezione che mette in contrapposizione vecchio e nuovo, antico e moderno. Forse quella vita in malga è roba d’altri tempi e non macina più? Le mode passano, l’arte del pastore ha qualche migliaio di anni e questi vecchi mestieri non tramonteranno mai, parola di Michele Trentini.