Il 9 agosto c'era la sagra a Praderadego

Oggi si festeggiano i Santi Fermo e Rustico, i patroni di Praderadego, dove passano sentieri di tutto rispetto. In quello storico valico vi è una chiesetta, dedicata ai due Santi. In verità, prima di loro, c’era San Gottardo, protettore dei viandanti e dei dolori alle gambe. Non a caso proprio qui, per secoli sono passati tanti pellegrini a piedi che sostavano nella locanda che oggi conosciamo come “Vin e Pit” per poi riprendere il cammino verso l’Abbazia di Follina. Un posto famosissimo prima che aprisse il concorrente passo San Boldo a portar via traffico e merci, passato di mano anche ai francesi nel Settecento, poi tornato ai locali. Si dice che vi fosse pure una torretta di guardia, la “domus banche” nella quale erano asserragliati diciotto briganti fatti prigionieri nel 1196 da Bellunesi e Feltrini. A conferma esiste ancora il toponimo Val de Banche verso casera Struz, sul Corin. Tutta l’area brulicava di contadini, di bambini, di vacche al pascolo. Si faceva una piccola sagra, proprio il 9 agosto, dove si compravano le caramelle e anguria. Salivano i siori da Mel, tra cui i Guarnieri, con le braghe alla zuava. I vecchi giocavano alla mora, sul serio, puntando denaro e bevendo tanto vino. E se i conteggi non tornavano, partivano sberle e pugni, talvolta anche a suon di “stèle”. Specie tra trevigiani e bellunesi, da sempre in contrasto per avere il controllo dei pascoli. Pra de Radech, si legge da qualche parte, prato del radego, della contesa, delle baruffe, a conferma di tutto questo. Poco distante, oltre confine con la trevisana, sorgeva l’osteria Stella delle Alpi, a fianco di villa Toti dal Monte. Era gestita da Angela De Mari, classe 1876, discendente dai conti Vergerio di Cesana e preparava il miglior minestrone della zona per i turisti che salivano dalla “bassa” a dorso di asino sulla Claudia Augusta Altinate. Oggi si va a Praderadego per camminare e per respirare aria buona, la storica sagra non c’è più ma comunque gli alpini organizzano sempre una festa tenendo viva la tradizione. Sono ricordi del maestro Ernesto Isotton di Tremea e di Gino De Mari di Valmareno.